RACCONTI

La panoramica del Pratomagno

Il modo più seplice per raggiungere la vetta.

Tutte le strade portano alla vetta. Sono diversi i percorsi da affrontare, non è un racconto semplice, mille sarebbero gli aneddoti e le storie rilevanti che potrei narrarvi per parlare di questa parte della montagna. Ho deciso di iniziare dal percorso più semplice, a piccoli passi. Il Pratomagno merita più tempo, non si può sintetizzare tutta la scoperta in un’unica storia. Per noi che viviamo in questo territorio è una presenza costante. Ci protegge con la sua ombra e ci offre sempre un punto di vista più alto.

E’ estate, ha piovuto costantemente per diversi mesi e la voglia di arrivare in cima è tanta. Decido così di affrontare l’avventura in compagnia. Il mio compagno è alla sua prima esperienza sul Pratomagno in bicicletta. E’ d’obbligo quindi affrontare la strada panoramica e non il crinale, che richiede allenamento e almeno un po’ di tecnica. Il punto di partenza privilegiato è il rifugio di Secchieta. Tra andare e tornare si affrontano 36 Km per cui avere un punto di ristoro diventa essenziale. La panoramica parte con semplicità, le prime pedalate si affrontano su asfalto ma si arriva quasi subito sulla strada sterrata. La prima curva si apre sull’immagine delle pale eoliche che da diversi anni contraddistinguono il profilo della nostra porzione d’Appennino. Passarci sotto mette soggezione e il rumore delle pale che fendono l’aria è abbastanza impressionante. Subito dopo si apre la vista sul Casentino.

Da entrambi i lati le vedute sono a perdita d’occhio. Si arriva velocemente al Varco di Reggello. Questa porzione del crinale si apre su una gola che si dirige verso il paese di Reggello. A segnalare il varco, c’è la Croce al Cardeto (recentemete restaurata e ricollocata nella posizione originale).

Questo è un incrocio importante: da un lato si può esplorare il bosco ed arrivare fino alla Capanna Delle Guardie, un rifugio che permette anche l’osservazione della fauna. Vi si avvistano volpi, caprioli e ultimamente anche lupi. Dalla capanna si possono raggiungere anche le case di Sant’Antonio nell’omonima foresta demaniale. Sempre dal varco si può decidere di proseguire verso la Croce del Pratomagno passando dal crinale con tappa intermedia all’Uomo di Sasso.

Sarà mia premura raccontarvi il crinale in un prossimo articolo


Noi invece decidiamo di continuare sulla strada sterrata panoramica.

In alcuni tratti siamo circondati dalla vegetazione, la pedalata è piacevole con l’alternanza di falsi piani e discese. Più ci si avvicina alla Croce del Pratomagno, più il paesaggio prende forma nell’alpeggio che lo caratterizza. Questa è una zona che nei secoli si è sostentata con l’allevamento. Le mucche ci guardano e ci osservano da lontano.

Quello che mi colpisce sempre quando affronto questo percorso è la sollecitazione sensoriale che provo nel respirare a pieni polmoni mentre percepisco tutto ciò che ho intorno. L’odore caratteristico dell’erba, gli alberi appena tagliati e accatastati in ordine sul ciglio della strada. Penso sempre che stare immersi nella natura ci permetta di riconnetterci con la parte più profonda dell’essere umani. Per chi è nato e cresciuto in città è come atterrare su un altro pianeta.

Manca ancora qualche chilometro di strada. L’ultima parte da affrontare però è la più impegnativa. Si abbandona la strada sterrata e ci si inerpica su per la prateria del crinale.

Quello che ci aspetta all’arrivo vale la fatica. La vista che si apre davanti a noi spazia da Siena a Firenze e toglie il fiato.

Dopo esserci soffermati qualche minuto sotto l’imponente e maestosa croce di ferro che è il simbolo del Pratomagno, non ci resta che tornare indietro. Ci aspetta come sempre un meritato riposo e una buonissima merenda al rifugio di Secchieta.

Come d’abitudine vi invito a consultare anche l’articolo con tutti i percorsi che partono dal rifugio. Alla prossima avventura!

Condividi

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *